Santi del 1 Dicembre
*Agerico di Verdun *Albano *Alessandro Briant *Ansano di Siena *Antonio Bonfadini da Ferrara *Bruna Pellesi *Carlo di Gesù *Casimiro Sykulski *Castriziano di Milano *Clementina Nengapeta Anuarite *Donnolo *Edmondo Campion *Eligio *Evasio *Fiorenza *Giovanni Beche *Giovanni Gueruli da Verucchio *Girolamo de Pratis *Hussik *Leonzio di Frejus *Liduina Meneguzzi *Maria Rosa di Gesù (Bruna Pellesi) *Naum *Proietto *Riccardo Langley *Rodolfo Sherwin *Altri Santi del giorno *
*Sant'Agerico di Verdun - Vescovo (1 Dicembre)
Etimologia: Agerico = nato nella nebbia, dal celtico
Martirologio Romano: Presso Verdun in Austrasia, nel territorio dell’odierna Francia, Sant’Ageríco, vescovo, che costruì chiese e battisteri e patì molto da parte del re Teodorico per aver fatto della sua chiesa un luogo di asilo per i fuggitivi.
Nato nella terza decade del sec. VI ad Harville (Agerici villa), frequentò la scuola vescovile dei SS. Pietro e Paolo di Verdun, stabilendo la propria dimora presso quella città, nel luogo ove sarà sepolto e dove nel 1037 sorse un'abbazia che prese da lui il nome.
Ebbe gli ordini sacri da San Desiderato e, alla morte di quest'ultimo, venne eletto al suo posto. La data non è conosciuta, ma poiché il suo predecessore prese parte al Concilio di Orléans nel 549, ne consegue che la nomina di Agerico avvenne dopo; in ogni modo è certo che nel 570, quando fece da padrino al re Childeberto II, era vescovo della sua città.
Fu amico di san Gregorio di Tours, che lo ricorda nei suoi scritti con espressioni di lode e di ammirazione e lo colloca fra i migliori vescovi del suo tempo; fu pure in relazione col poeta Venanzio Fortunato.
Fra le chiese costruite si ricordano San Medardo, fondata dove erano stati sepolti i SS. Mauro, Salvino e Aratore, e quella di Sant'Andrea, nella quale fece portare le reliquie di san Martino.
Sant'Agerico fece di tutto per opporsi ai barbari usi dei re che uccidevano senza pietà i loro nemici, senza peraltro che la sua opera sortisse molto successo.
Quantunque, infatti, come si è accennato, avesse tenuto a battesimo Childeberto, non riuscì a impedire che i tutori del giovane re massacrassero il duca Bosone; parimenti non riuscì ad evitare da parte di Childeberto l'uccisione dei duchi Ursione e Bertefrido, avvenuta nell'oratorio episcopale, dove quelli avevano cercato rifugio. Il dolore causatogli da quest'ultimo fatto fu così forte che il santo ne morì poco dopo, nel 588.
Fu sepolto nella chiesa di Sant'Andrea e San Martino che aveva fatto edificare sul luogo dove era la casa dei suoi genitori.
Il canonico Bertario che nel 916 scrisse la storia dei vescovi di Verdun, afferma che Agerico partecipò al concilio convocato a Verdun nel 590, e tenutosi poi a Metz, indetto per giudicare Egidio vescovo di Reims, accusato di aver cospirato contro il re.
Contro questa notizia, in fonti più attendibili, si indica il 588 come data della morte. Il culto di Agerico, limitato peraltro alla diocesi di Verdun, non sembra anteriore alla fondazione dell'abbazia di Saint-Airy, innalzata sulla sua tomba nel 1037 dal vescovo Raimberto e andata distrutta durante la Rivoluzione. La festa cade il 1° dicembre.
(Autore: Charles Lefebvre-Roger Desreumaux – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Agerico di Verdun, pregate per noi.
*Sant'Albano - Re d'Ungheria (1 Dicembre)
Etimologia: Albano = Albanus, dal latino, proveniente da una delle città chiamate Alba.
È ricordato il 1° dicembre ma è un Santo inventato dagli agiografi.
Sono pervenute a noi diverse redazioni della sua biografia. I Bollandisti negli Analecta Bollandiana hanno segnalato una serie di manoscritti conservati in alcune biblioteche d'Europa, che contengono la narrazione della vita di questo favoloso re.
Il manoscritto 126 della Biblioteca di Bruges in Belgio reca il titolo: Vita et obitus sanati Albani, qui ortus est de patre et jilia. postea accepit matreni in uxorem; subsequenter occidit patrem et matrem et ad finem inventus est sanctus (Catalogus codicum Hagiographicorum bibliothecae civitalis Brugensis, in Anal Boll., X [1891], p. 454).
Il Kraus attribuisce la paternità del racconto a Trasmondo, monaco di Chiaraval-le, ma le sue argomentazioni non persuadono.
I Bollandisti ritengono, invece, che Trasmondo sia stato soltanto il redattore di questo strano racconto, ma non l'inventore.
Nella vicenda di Albano si ha la ripetizione della leggenda mitologica di Edipo, re di Tebe, in una forma ancora più tragica.
(Autore: Filippo Caraffa – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Albano, pregate per noi.
*Sant'Alessandro Briant - Sacerdote Gesuita, Martire (1 Dicembre)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Santi Quaranta Martiri di Inghilterra e Galles”
Somerset, Inghilterra, 1556 circa - Tyburn, Londra, 1 dicembre 1581
Etimologia: Alessandro = protettore di uomini, dal greco
Martirologio Romano: A Londra sempre in Inghilterra, Santi Edmondo Campion, Rodolfo Sherwin e Alessandro Briant, sacerdoti e martiri sotto la Regina Elisabetta I, insigni per ingegno e fortezza nella fede.
Sant’Edmondo, che fin da giovane aveva fatto professione di fede cattolica, ammesso a Roma nella Compagnia di Gesù e ordinato sacerdote a Praga, tornò in patria, dove, per essersi adoperato nel confortare gli animi dei fedeli con la sua parola e i suoi scritti, fu ucciso, dopo molti tormenti, a Tyburn.
Insieme a lui subirono gli stessi supplizi i Santi Rodolfo e Alessandro, il secondo dei quali ottenne in carcere di essere ammesso nella Compagnia di Gesù.
Alexander Briant è uno dei 40 martiri d’Inghilterra e Galles canonizzati da Papa Paolo VI il 25 ottobre 1970, in quanto morti per la loro fedeltà alla Chiesa di Roma ed al Papa.
Dopo la comparsa delle pubblicazioni dei Padri Campion e Persons, le autorità inglesi tentarono immediatamente di catturare i due gesuiti e diversi altri cattolici attivisti.
Tra di essi vi fu proprio Alexander Briant, giovane sacerdote secolare nato nel Somerset nel 1556 circa.Aveva avuto modo di rinnovare la sua fedeltà alla Santa Sede durante il periodo trascorso ad Hart Hall e ad Oxford. Si recò poi all’estero, presso il seminario di Douai, ove ricevette l’ordinazione presbiterale, e tornò in patria per svolgere il suo ministero nella zona occidentale.
Quando la casa di Persons venne perquisita, Briant si trovava in una casa vicina e dunque fu arrestato e condotto alla prigione di Counter. Qui con ogni mezzo tentarono tentarono di ottenere da lui informazioni circa l’attività di Padre Persons. Era il 28 aprile 1581.
Dopo sei giorni di digiuno quasi assoluto, fu trasferito nella Torre di Londra e gli furono conficcati degli aghi sotto le unghie.
Alexander è l’unico tra i martiri inglesi sul quale si sono tramandate informazioni circa le torture cui fu sottoposto. Tutto si rivelò però inutile ed allora fu abbandonato per una settimana in una cella sotterranea, al termine della quale fu ancora torturato per due giorni sino all’estremo. Norton, capo dei torturatori, fu addirittura punito per la sua estrema crudeltà.
Durante la detenzione nella Torre, Briant indirizzò una lettera ai gesuiti inglesi per descrivere loro le torture subite: “Ero senza conoscenza e quasi sollevato da tutti i dolori e le sofferenze; e non solo, ero confortato, alleviato e lenito da tutte le torture patite [...] Dio solo sa se sia stato un miracolo o no, ma è vero, e perciò la mia coscienza è testimone davanti a Dio”.A giudizio di Norton, invece, per quanto possa aver valore la sua testimonianza, Alexander provò atroci dolori in seguito alle torture inflittegli.
Nella medesima lettera il Briant chiese di poter entrare a far parte della Compagnia di Gesù, avendo pronunciato un voto di offrire se stesso, se fosse stato rilasciato. Per tale motivo egli compare oggi negli elenchi dei martiri gesuiti.
Alexander Briant fu processato a Westminster Hall insieme a Thomas Ford ed altri compagni, con la medesima accusa dei celebri sacerdoti Edmond Campion e Ralph Sherwin.
Giunse in tribunale con una piccola croce disegnata a carboncino su un pezzo di legno e con la testa rasata. Il suo aspetto era “sereno, innocente e amabile, quasi come quello di un angelo”.
Fu infine martirizzato a Tyburn il 1° dicembre 1581 dopo i due sacerdoti suddetti. Con loro fu poi beatificato nel 1886 e canonizzato nel 1970. (Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Alessandro Briant, pregate per noi.
*Sant'Ansano di Siena - Martire (1 Dicembre)
m. Siena, 304
Questo patrono di Siena era di origini romane, figlio di un nobile patrizio, Tranquillino.
Ansano era stato condotto al battesimo dalla madrina Massima.
Quando scappò la persecuzione di Diocleziano Massima e Ansano vennero imprigionati.
La madrina morì sotto i colpi di verga dei littori, mentre Ansano riuscì a fuggire, dirigendosi verso nord lungo la via Cassia, fino ad arrivare a Siena.
Qui predicò il Vangelo e battezzò i primi cristiani.
Quest'opera gli meritò il titolo di «battezzatore dei Senesi»: sulla sua sepoltura sarebbe sorta la cattedrale e lo stesso Duccio di Buoninsegna lo ritrasse nella sua celebre «Maestà». Ma la persecuzione seguì Ansano anche a Siena.
Inseguito e raggiunto dal proconsole Lisia venne catturato e torturato.
La lunga vicenda che, dopo la cattura, lo portò al martirio narra di pesanti e dolorose vessazioni che non servirono a fargli rinnegare la propria fede.
Venne così condannato al rogo.
Ansano, però, fu salvato miracolosamente dalle fiamme, che si spensero non appena venne gettato sul fuoco.
Alla fine fu decapitato con la spada fuori dalla città, sulle rive dell'Arbia. (Avvenire)
Patronato: Siena
Emblema: Palma
Le migliaia di visitatori che, ogni anno, sostano in commossa ammirazione davanti alla celebre " Maestà " di Duccio di Buoninsegna, oggi mirabilmente esposta nel Museo dell'Opera dei Duomo, a Siena, rendono omaggio, anche senza conoscerlo o riconoscerlo, a Sant'Ansano, primo Patrono di Siena, raffigurato al posto d'onore ai piedi del trono della Madonna, accanto agli altri tre protettori della "città della Vergine".
La figura di Sant'Ansano, e la sua storia sono infatti così strettamente legati alla storia e alla vita di Siena, che è difficile, se non impossibile, parlare di questa città, dei suoi monumenti e della sua arte, senza imbattersi, prima o poi, nel nome di Sant'Ansano; come è impossibile fare il nome di Sant'Ansano senza pensare immediatamente a Siena, che lo onora come proprio " battezzatore ".
Si sa per esempio come la grande tavola dipinta da Duccio con la sua bellissima " Maestà " fosse destinata all'altar maggiore della cattedrale senese, dove, secondo la tradizione, venne portata quasi a furor di popolo, con una festante processione.
Ma la cattedrale di Siena, dedicata alla Vergine Assunta era stata eretta sulla sepoltura di Sant'Ansano, ed era quindi, e ancora lo è, monumento di gloria in onore del Santo, come lo è la tavola sulla quale è effigiato presso il trono della Madonna.
Nella città che si vanta figlia diretta di Roma, con la quale condivide l'emblema della lupa che allatta i gemelli, non sorprende che anche il Santo patrono sia romano, prode figlio di un nobile patrizio, chiamato Tranquillino.
Ansano era cristiano, e venne condotto al battesimo da una virtuosa madrina, di nome Massima, Scoppiata la persecuzione di Diocleziano, tanto Massima quanto Ansano vennero imprigionati.
La madrina morì sotto i colpi di verga dei littori, mentre Ansano riuscì a fuggire, dirigendosi a settentrione lungo la via Cassia e giungendo a Siena.
Qui prese a predicare il Vangelo e a battezzare i primi cristiani, con tanto successo da meritarsi, come abbiamo detto, il titolo di " battezzatore dei Senesi ".
Ma neanche a Siena Ansano riuscì a sfuggire alla caccia scatenata contro di lui dal proconsole Lisia, e la sua carriera di apostolo ebbe termine quando finalmente il persecutore riuscì a raggiungerlo e a catturarlo. Ebbe allora inizio la vicenda di Ansano Martire, torturato a lungo affinché rinnegasse la propria fede, condannato ad essere arso sul rogo, salvato miracolosamente dalle fiamme, che si spensero non appena il Santo venne gettato sul fuoco, e finalmente decapitato con la spada fuori di città, sulle rive dell'Arbia, le cui acque furono così, per la prima volta, colorate, ma leggerissimamente, in rosso.
Sul luogo del martirio si levò il primo antichissimo sacello dedicato a Sant'Ansano, ma quando la città di Siena raggiunse il massimo della sua potenza politica e della sua floridezza economica, si volle trasportare entro le mura le spoglie dell'antico martire e battezzatore, per onorarle con la costruzione di una delle più belle cattedrali del Medioevo italiano.
E quando anche questa cattedrale non parve sufficiente, se ne volle costruire una ancora più grande, che incorporasse la precedente costruzione.
Venne così ideato e iniziato, ma non mai terminato, il grande " Duomo nuovo " che ha aggiunto, anche così com'è, nella sua drammatica incompletezza, un altro elemento di onore per Sant'Ansano, Patrono di Siena.
(Fonte: Archivio Parrocchia)
Giaculatoria - Sant'Ansano di Siena, pregate per noi.
*Beato Antonio Bonfadini da Ferrara (1 Dicembre)
Ferrara, 1400 - Cotignola, Ravenna, 1482
Martirologio Romano: Nella cittadina di Cotignola in Emilia, Beato Antonio Bonfadini, sacerdote dell’Ordine dei Minori, che percorse a lungo molte regioni d’Italia e luoghi della Terra Santa attendendo alla predicazione della parola di Dio.
Nella chiesa di San Francesco di Cotignola, in provincia di Ravenna, è venerato il corpo incorrotto del Beato Antonio Bonfadini.
Nacque nell'anno 1400 a Ferrara e si fece Frate Minore nel convento di Santo Spirito di quella città.
Si recò in Terra Santa e al suo ritorno si fermò a Cotignola, dove morì nell'anno 1482.
Il suo culto è stato approvato nel 1901. Gode da sempre di una enorme venerazione ed è chiamato il Santo si Cotignola.
Si festeggia il Lunedì di Pasqua e in quella occasione il corpo viene esposto all'attenzione dei fedeli che provengono da tutta la Romagna.
(Autore: Giovanni Pasi)
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*Beata Bruna Pellesi (Maria Rosa di Gesù - Suora francescana (1 Dicembre)
Morano, Modena, 11 novembre 1917 – Sassuolo, Modena, 1 dicembre 1972
Bruna Pellesi nacque a Morano di Prignano (MO) l'11 novembre 1917 ultima di nove fratelli. A ventitré anni Bruna lasciò il lavoro nei campi e il servizio a sei nipotini rimasti orfani e partì per Rimini con l'intenzione di consacrarsi al Signore.
Dopo aver trascorso a Rimini il postulandato e il noviziato il 24 settembre 1941 vestì l'abito delle Suore Terziarie Francescane di Sant'Onofrio, chiamate in seguito, su sua proposta, Francescane Missionarie di Cristo. Dopo aver servito per qualche anno i bambini dell'asilo a Sassuolo e a Ferrara Suor Maria Rosa si ammalò e fu costretta ad entrare in sanatorio (1945) a causa di una grave forma di tubercolosi polmonare.
Fu l'inizio di un lungo calvario che si concluse solo con la sua morte che avvenne a Sassuolo l'1 dicembre 1972. L'opera apostolica di suor Maria Rosa risplendette soprattutto in questi anni di malattia, tempo in cui consolò e servì tanti che condividevano la sua stessa situazione. Ora riposa nel cimitero di Sassuolo in attesa di raggiungere la Casa Madre di Rimini che tanto amava. Nel febbraio 1977 si iniziò la Causa di Beatificazione. Il Processo Cognizionale è stato chiuso il 2 febbraio 1987.
Una vita non lunga, 55 anni appena, esattamente spaccata in due dalla malattia, che la relega per 27 anni in un sanatorio. Una vita che, malgrado ciò, ha come segno distintivo il sorriso, stampato inalterabile sul viso ma faticosamente ricercato e conquistato come espressione di una pace interiore che, in quelle condizioni, non è per nulla scontata, neppure per una religiosa. Bruna Pellesi nasce il 10 novembre 1917 a Morano, frazione di Prignano sulla Secchia, nel modenese, ultima di nove figli e per questo coccolata e vezzeggiata da tutti.
La vita le regala di tutto e di più: bellezza ed eleganza, buonumore e dolcezza, allegria e tanta pace. E anche l’amore, che sboccia sui 17 anni, ma che sembra non soddisfare appieno la sua ricerca di un più grande amore. Come neppure la realizza la maternità adottiva di ben sei figli di cui a 18 anni comincia a prendersi cura, in conseguenza della morte quasi contemporanea di due sue giovani cognate. In realtà, nel cuore di Bruna sta nascendo la vocazione religiosa, che la famiglia non contrasta in nome di quella fede solida in cui i figli sono stati educati e che lei riesce ad appagare a 22 anni, entrando tra le Suore Terziarie Francescane di sant’Onofrio a Rimini. Parte da casa in fretta, per non lasciarsi soffocare dalle lacrime, e questo dice quanto doloroso sia il distacco da un ambiente amato ed in cui è stata tanto amata.
Dopo il noviziato e i primi voti, con il nuovo nome di Suor Maria Rosa si tuffa nella vita attiva della comunità di Sassuolo, proprio negli anni in cui infuria la guerra che semina distruzione e morte. "Vengo dalla campagna, sono abituata a lavorare", risponde a chi le suggerisce di risparmiarsi un po’ nella sua frenetica attività di apostolato.
La svolta della sua vita arriva nel 1945, non solo perché è trasferita a Ferrara, ma soprattutto perché in quell’anno si manifestano in lei i sintomi della tubercolosi, che a novembre le spalancano le porte del sanatorio. Ha 28 anni, solo cinque dei quali passati in convento; gliene restano altrettanti da vivere, ma tutti nella scomoda e dolorosa condizione di malata cronica, in una clausura non voluta, in un isolamento che tanto contrasta con il suo carattere, in una monotonia che rischia di incessantemente tingere di grigio i giorni, le settimane e gli anni. "Ho iniziato la mia vita sanatoriale piangendo, ma ho chiesto al buon Dio di terminarla cantando le sue misericordie": in questa confidenza c’è tutto il travaglio interiore di una giovane vita che fatica ad adattarsi alla malattia ed all’inattività, ma c’è anche tutta la risoluzione di chi non si rassegna a "lasciarsi vivere".
Inizia così il percorso lungo di una fede che si deve irrobustire e di una speranza che non bisogna smarrire malgrado tutto. "Non avrei mai creduto che in sanatorio la virtù venisse messa così a dura prova, purtroppo c’è tanto male nonostante sorella morte continuamente ci sfiori", scrive suor Maria Rosa, a testimoniare tutta la difficoltà che incontra a vivere in un ambiente in cui la promiscuità, la forzata inattività e, forse, anche l’ineluttabilità della morte fanno abbassare notevolmente il senso del pudore e la santità dei sentimenti.
Davvero non c’è poesia o sentimentalismo in questa nuova condizione in cui si trova a vivere, ma soltanto il rischio di una prosaica e, per certi versi, squallida situazione in cui anche lei rischia di essere risucchiata.
Di fronte alla quale lei reagisce nell’unico modo che le è possibile: innanzitutto conquistando una propria pace interiore e poi proiettandosi sugli altri. "Ho bisogno di calma, di forza, di spirito di adattamento; debbo adattarmi soprattutto a non poter far niente, ad avere bisogno di tutti", scrive al direttore spirituale, mentre gli chiede di "tenerla sempre sull’altare" in uno spirito di continua offerta e di completa immolazione che, giorno dopo giorno, la porta a conquistare l’amore vero, quello che aveva sempre cercato e che le permette un giorno di poter dire al suo Gesù: "Voglio che la mia vita sia amore per te, con te e in te".
In mezzo, lo sforzo continuo di vincere la monotonia con la sofferenza, di rendere straordinario l’ordinario, di fare grandi anche le piccole cose curando quelle minime fino alle sfumature, di imparare a farsi samaritana verso gli altri malati, donando loro cuore e sorriso, cioè le uniche cose che la malattia non è riuscita a spegnere. Il paradosso evangelico in lei si compie nel raggiungimento di una felicità autentica e piena, anche quando arrivano ad estrarle cinque volte al giorno il liquido pleurico, è minacciata dalla cecità, si riduce ad essere 43 chili tutti di dolore e la morte si avvicina a grandi passi. "Lo dico in un momento in cui non posso tradire… quello che conta è amare il Signore. Sono felice perché muoio nell’amore, sono felice perché amo tutti", esclama il 1° dicembre 1972, poco prima di chiudere gli occhi per sempre.
E la Chiesa, riconoscendo che suor Maria Rosa davvero ha saputo trasformare il dolore in amore, l’ha beatificata il 29 aprile 2007.
(Autore: Gianpiero Pettiti)
Testimoniò la gioia di essere una sposa di Cristo, che l’aveva fatta partecipe delle sofferenze della Croce, con i suoi 27 anni di grave malattia, mai lamentandosi della sua condizione e lei stessa scrisse: "Sia benedetto il Signore che mi concede la grazia di un pochino della Sua Santa Croce e mi dà la grande grazia di portarla nella pace…come dono, non come peso".
Scorrendo l’elenco lunghissimo della anime consacrate, negli Ordini e Congregazioni religiose oppure come Terziari e Terziarie, che offrirono la loro vita consumata dalle più svariate e debilitanti malattie, a volte senza più alzarsi dal loro letto fino alla morte; viene la certezza che il Signore predilige queste anime che sanno trasformare il loro dolore, da un moto spontaneo di disperazione e ribellione, specie se colpite in giovane età. in un’occasione di elevazione spirituale a volte mistica.
Esse seppero diffondere quest’esempio di rassegnazione alla volontà di Dio, a quanti le contattavano, e dando la pace dello spirito, a chi in salute stava certamente meglio di loro.
E anche la Chiesa lungo i secoli ha voluto indicare il loro esempio ai cristiani, esaltandone le virtù, esaminandone gli scritti, ascoltando testimonianze, accertando i miracoli e prodigi scaturiti per la potenza della loro intercessione e alla fine proclamando la loro santità, nello spirito della Chiesa.
Ed è il caso di Bruna Pellesi, questo il suo nome da laica, che nacque a Morano (Modena) ma in diocesi di Reggio Emilia, l’11 novembre 1917; figlia di agricoltori, a 23 anni lasciò il lavoro dei campi e dando seguito alla sua vocazione allo stato religioso, il 23 settembre 1941 a Rimini, vestì l’abito proprio delle ‘Suore Terziarie Francescane di S. Onofrio’, prendendo il nome di Maria Rosa di Gesù.
In seguito su sua proposta, le suore vennero denominate ‘Francescane Missionarie di Cristo’; si diplomò come maestra d’asilo a Bologna, l’11 luglio 1942 in piena Seconda Guerra Mondiale.
Dal 30 settembre 1942 fu al servizio dei bambini all’asilo S. Anna di Sassuolo e dal 19 maggio 1945 all’asilo di Ferrara. Ma il Signore la volle con sé quasi subito sulla Croce, infatti il 5 settembre 1945 fu ricoverata all’ospedale S. Anna di Ferrara e due mesi dopo, il 15 novembre, entrò nel sanatorio Pineta di Gavano (Modena) con la diagnosi di una grave forma di tubercolosi polmonare; malattia che soprattutto durante la guerra e il dopoguerra, mieté tante vittime specie tra i giovani.
Aveva 30 anni quando il 31 agosto 1947 emise i voti perpetui; poi venne ricoverata nell’Istituto sanatoriale "C.A. Pizzardi" di Bologna il 7 dicembre 1948. Trascorse tutti gli anni successivi quasi sempre nei sanatori di varie città, con rare uscite nella vita normale delle suore.
A Rimini il 4 ottobre 1967 celebrò il 25° di vita consacrata e il 1° settembre 1970 volle ricordare con gioia il 25° di malattia, scrivendo: "Grazie, Signore! Sono stati anni di tanta grazia…Aiutami a dimenticarmi, a donarmi a te e agli altri tutti nel mondo".
Avendo accettato la volontà di Dio in tutto, ripeteva: "Mi son fatta suora per glorificare il Signore, ebbene lo glorificherò da ammalata". Il suo pregare, lavorare, soffrire era per gli altri e diceva: "Voglio che tutti siano salvi, voglio portare tutti in Paradiso". Dai sanatori esercitò l’apostolato della scrittura, si pensi che i suoi scritti sono raccolti in 16 volumi di 2134 pagine. Scrisse quasi 2000 lettere a consorelle, sacerdoti, laici, ammalati, esortandoli ad essere coraggiosi testimoni cristiani.
Incitava tutti ad amare il Papa, la vera Chiesa, non ascoltando i nuovi profeti; dopo 27 anni di malattia, morì a Sassuolo il 1° dicembre 1972 a 55 anni. Il 1° febbraio 1977 si avviò la causa di beatificazione con il nulla osta per l’introduzione del 6 marzo 1981. La procedura, andata a buon fine, ha portato alla gloria degli altari Maria Rosa Pellesi il 29 aprile 2007.
I vescovi emiliani nella lettera postulatoria, scrissero fra l’altro: "il suo esempio è certamente di particolare aiuto ai sacerdoti, religiosi, fedeli, anziani, ammalati, nel riscoprire il valore della sofferenza offerta a Dio con amore".
(Autore: Antonio Borrelli)
Giaculatoria - Santa Bruna Pellesi, pregate per noi.
*Beato Carlo di Gesù (Charles de Foucauld) – Religioso (1 Dicembre)
Strasburgo, Francia, 15 settembre 1858 - Tamanrasset, Algeria, 1 dicembre 1916
Charles De Foucald, detto fratel Carlo di Gesù (1858 - 1916), fu ucciso durante una razzia nel Sahara, a Tamanrasset.
Aveva scelto di vivere con gli ultimi, nel deserto.
É stato beatificato in San Pietro il 13 novembre 2005 sotto il pontificato di Benedetto XVI.
Tenente dell'esercito francese di stanza in Algeria, nel 1885 viene esonerato dal servizio per maldisciplina aggravata da sregolatezza di vita.
Affascinato dall'Africa settentrionale, dalla rudezza dei suoi abitanti e dall'ambiente quasi soprannaturale, dedica una parte della sua vita a carpirne le tradizioni e i costumi e, da esploratore delle cose del mondo, diventa uomo alla ricerca di Dio.
"Per dodici anni, ho vissuto senza alcuna fede: nulla mi pareva sufficientemente provato.
L'identica fede con cui venivano seguite religioni tanto diverse mi appariva come la condanna di ogni fede [...].
Per dodici anni rimasi senza nulla negare e nulla credere, disperando ormai della verità, e non credendo più nemmeno in Dio, sembrandomi ogni prova oltremodo poco evidente".
De Foncauld nasce a Strasburgo il 15 settembre 1858.
Nel 1876 entra nella scuola militare di Saint-Cyr; dopo essere stato esonerato dal servizio, in occasione della rivolta di Orano, chiede di poter essere reintegrato e, terminata la campagna militare, si dimette dall'esercito, dedicandosi a ricerche geografiche e di esplorazione.
Nel 1886 ritorna in Francia e fissa la sua dimora a Parigi.
Con determinazione e insistenza ricerca la fede in Dio anche cercandolo nelle sue opere.
"Nello stesso attimo in cui cominciai a credere che c'era un Dio, compresi che non potevo fare altro che vivere per Lui; la mia vocazione religiosa risale alla stessa ora della mia fede".
Si sente ormai portato a servire Dio e completa cosi la sua conversione riscoprendo una fede semplice, incentrata in Gesù sacramento eterno della Chiesa.
Decide di rimanere fedele a Dio e ai suoi comandamenti. Sceglie una ricerca basata sulla preghiera e sull'umiltà.
Per consiglio del suo direttore spirituale, padre Huvelin, nel 1888 visita i luoghi santi della Palestina e Gerusalemme.
Nel gennaio del 1889 bussa alla trappa di Nostra Signora delle Nevi nella diocesi di Viviers. Diventa monaco trappista e assume il nome di Alberico Maria.
Nel 1901 è ordinato sacerdote.
E il 28 ottobre dello stesso anno quando fissa la sua residenza a Bénis-Abbès, territorio ai confini algero-marocchini. Nel 1905 nel territorio di Tamanrasset costruisce un piccolo romitorio e successivamente nel 1910 un eremo nell'Aschrem, cima centrale dell'Haggar.
Dall'arrivo a Bénis-Abbès, inizia la nuova vita religiosa di fratel Charles de Foucauld.
Le sue meditazioni e i suoi ritiri diventeranno silenzi e scritti per dar modo alle popolazioni del Sahara di conoscere direttamente le verità cristiane: "L'évangile présenté aux pauvres du Sahara" (1903), "Règlement des Petits Frères du Sacré Coeur de Jésus" (1902).
Oltre che elevarli spiritualmente, penserà anche alla loro protezione umana contro le incursioni delle bande dei briganti (rezzau), provenienti dai confini algero-marocchini e soprattutto dalla Tripolitania.
Il suo spirito entra in un rapporto intimo con Dio, in una spiritualità concentrata nell'eucaristia e in Cristo Crocifisso. Perfezionerà gli statuti della fondazione e della congregazione dei Petits Frères de Jésus.
Nel 1968 saranno approvate dalla Santa Sede diverse congregazioni ispirate da padre de Foucauld: le Petites Soeurs du Sacré Coeur de Jésus, la Fraternité des petites Soeurs de Jésus e i Petits Frères de Jésus.
Ci sono anche le Petites Soeurs de l'Evangile, l'Union des Nazaréennes du Père de Foucauld, le Petites Soeurs de Nazareth, i Petits Frères de l'Evangile e i Petits Frères de la Croix.
Gli scritti spirituali di padre de Foucauld vogliono far scoprire a sé e a tutti il rapporto intimo di fede con Cristo; una fede che non può essere alimentata solo dal soffio del momento, ma deve trovare nelle verità cristiane conosciute e indagate la roccia forte e sicura.
"La fede è ciò che ci fa credere dal profondo dell'anima tutti i dogmi della religione, tutte le verità che la religione c'insegna, per conseguenza il contenuto della Sacra Scrittura, e tutti gli insegnamenti del Vangelo: in una parola, tutto ciò che ci vien proposto dalla Chiesa...".
La vita di padre de Foucauld si conclude tragicamente il 1° dicembre 1916: egli viene assassinato durante un attacco di predoni del deserto.
I suoi innumerevoli scritti ci riferiscono il suo pensiero e la sua spiritualità, che vorremmo riassumere con queste sue parole: "Qualunque possa essere la mia tristezza, quando mi metto ai piedi dell'altare e dico a Nostro Signore Gesù: "Signore, Tu sei infinitamente felice e nulla ti manca', non posso fare a meno di aggiungere: "Allora, anch'io son felice e niente mi manca.
La tua felicità mi basta" [...]. É la verità, deve essere così, se amiamo Nostro Signore".
Ha detto
"Io mi propongo di custodire in me la volontà di lavorare per trasformarmi in Maria, allo scopo di diventare un'altra Maria vivente ed operante".
"Dio costruisce sul nulla.
É con la sua morte che Gesù ha salvato il mondo; è con il niente degli apostoli che ha fondato la Chiesa; è con la santità e nel nulla dei mezzi umani che si conquista il cielo e che la fede viene propagata."
Pregare con Charles De Foucauld
Padre mi abbandono a te
Padre, mi abbandono a Te, fa’ di me ciò che ti piace.
Qualsiasi cosa tu faccia di me, ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto, purché la tua volontà si compia in me, e in tutte le tue creature:
non desidero nient'altro, mio Dio.
Rimetto l'anima mia nelle tua mani, te la dono, mio Dio, con tutto l'amore del mio cuore, perché ti amo.
E per me un'esigenza di amore, il donarmi a Te, l'affidarmi alle tue mani, senza misura, con infinita fiducia: perché Tu sei mio Padre
Su tutta la terra
Venga il tuo Regno su tutta la terra,
venga in ogni anima...
Tutti gli uomini
siano solleciti al tuo servizio,
la tua grazia regni
padrona assoluta in ogni anima;
che tu solo agisca in ogni anima
e tutti gli uomini
non vivano che per mezzo di te
e per te, perduti in te...
Senza dubbio è la più grande felicità
di tutti gli uomini che sia così:
è ciò che c'è di più desiderabile per il
prossimo e per me. (Autore: Giuseppe Gottardo - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Carlo di Gesù, pregate per noi.
*Beato Casimiro (Kazimierz) Sykulski - Martire (1 Dicembre)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
"Beati 108 Martiri Polacchi"
Konskie, Polonia, 29 dicembre 1882 – Auschwitz, Polonia, 1 dicembre 1941
Il Beato Kazimierz Sykulski, sacerdote diocesano, nacque a Konskie, Polonia, il 29 dicembre 1882 e morì a Auschwitz-Oswiecim, Germania (oggi Polonia) il 1° dicembre 1941.
Fu beatificato da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999 con altri 107 Martiri Polacchi.
Martirologio Romano:
Nel campo di sterminio di Auschwitz vicino a Cracovia in Polonia, Beato Casimiro Sykulski, Sacerdote e Martire, che fu fucilato durante la guerra davanti ai persecutori della Chiesa di Dio per aver custodito con fermezza la propria fede.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Casimiro Sykulski, pregate per noi.
*San Castriziano di Milano - Vescovo (1 Dicembre)
III secolo
Martirologio Romano: A Milano, San Castriziano, Vescovo.
Fu il terzo vescovo di Milano nei primi decenni del sec. III. Secondo la Datiana historia del sec. XI, la sua elezione sarebbe avvenuta, invece, assai prima, all'inizio dell'impero di Nerva, dopo ben undici anni di vacanza della sede vescovile milanese, dovuta alla persecuzione di Domiziano: Castriziano avrebbe governato la Chiesa milanese per quarantuno anni.
Al Santo vescovo è attribuita la costruzione della prima chiesa di Milano nell'hortus Philippi, situato nella zona dell'attuale basilica di S. Ambrogio e, inoltre, la costruzione della basilica Porziana (così chiamata da Porzio, figlio di Filippo), nella zona dell'attuale basilica di S. Vittore al Corpo, e della basilica Fausta (così chiamata da Fausta, anch'ella figlia di Filippo), che sarebbe l'attuale cappella di S. Vittore in Ciel d'Oro, presso la basilica di S. Ambrogio.
Dalla medesima fonte della Datiana historia, si attinge la notizia che, morto il 1° dicembre. Castriziano sarebbe stato sepolto nel cimitero cristiano, posto lungo la via Romana (che corrisponde all'attuale corso Roma), nei pressi della basilica di S. Calimero.
Contrastano con queste notizie gli antichi cataloghi milanesi che, pur concordando sulla data di morte, fissata il 1° dicembre, dicono che fu sepolto nella basilica di S. Giovanni in Conca, entro le mura della città (piazza Missori).
Da questo dissenso il Savio e il Lanzoni traggono l'illazione secondo la quale le reliquie di Castriziano sarebbero state traslate in epoca posteriore dal cimitero lungo la via Romana alla chiesa intramurana di S. Giovanni in Conca.
Questa chiesa, profanata nel 1810, passò ai Valdesi e fu, successivamente, quasi del tutto demolita.
Delle reliquie di Castriziano si è persa ogni traccia.
(Autore: Antonio Rimoldi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Castriziano di Milano, pregate per noi.
*Beata Clementina Anuarite Nengapeta - Martire (1 Dicembre)
m. Isiro, Zaire, 1 dicembre 1964
Martirologio Romano: A Isiro nella regione interna della Repubblica Popolare del Congo, Beata Clementina Nengapeta Anuarite, vergine della Congregazione delle Suore della Sacra Famiglia e martire, che, arrestata durante la persecuzione nel corso della guerra civile insieme ad altre religiose, le esortò alle veglie e alla preghiera e, respingendo con grande forza i lascivi desideri del comandante dei soldati, fu da costui uccisa per Cristo Sposo in un eccesso di collera.
La Beata Sr Maria Clementina Anuarite Nengapeta, nacque nel 1939 da genitori pagani, alla periferia di Wamba (Congo). In seguito venne battezzata nella Chiesa cattolica insieme alla madre e alle sorelle.
Iniziò i suoi studi e si diplomò presso le Suore del Bambino Gesù di Nivelles. Entrata nella Congregazione indigena della Santa Famiglia, emise la sua prima professione religiosa nella festa della Madonna della Neve il 5 agosto 1959.
Nella sua vita religiosa fu occupata come sagrestana, aiuto cuoca e insegnante in una scuola primaria. Tutto eseguì con diligenza e amore.
La barbarie, l'odio razziale, non impiegano mezzi raffinati né troppo tempo per tradurre le idee in delitti.
Siamo nel Congo, in piena campagna contro gli europei: nell'anno 1961 scoppia la rivoluzione al grido: "Fuori i bianchi!".
Quando nel 1964 vengono lanciati i paracadutisti belgi, comincia un vero massacro rivolto a eliminare tutti gli europei, i loro amici, i loro collaboratori.
In questo periodo, in questo ambiente, matura il martirio di suor Clementina: "Era una religiosa d'intelligenza non eccelsa, ma d'un impegno e d'una volontà non comuni.
Una religiosa illuminata, che non intendeva mai rimanere nell'implicito sia nei problemi di crescita umana che in quelli spirituali.
Metteva continuamente in crisi se stessa e l'ambiente nel quale viveva; non si rassegnava all'ineluttabile ma resisteva al male e ai pericoli, promuoveva le cose che giudicava buone, correggeva se stessa e gli altri.
Più volte ci è stato assicurato che di fronte ad abusi, quando le dirigenti chiudevano un occhio, lei reagiva. Chiedeva il permesso di dare consigli e, ottenutolo, partiva in quarta".
Non vi è modo di opporsi alla malvagità del colonnello Olombe, che apertamente chiede alla madre generale di volere per sé una bella ragazza; quando la scelta ricade su suor Clementina, questa grida: "Non voglio, non voglio, scelgo piuttosto la morte che essere sua".
A questa reazione negativa il colonnello pieno di furore, con pugni, schiaffi e con il calcio del fucile colpisce suor Clementina e alla fine, impugnando la pistola, uccide la suora.
Prima di perdere completamente i sensi e percependo di avvicinarsi alla morte, trova la forza di perdonare il suo carnefice: "Ti perdono... non ti rendi conto di quanto stai facendo... il Padre ti perdoni!".
Madre Clementina si era preparata per tempo al sacrificio, con una vita permeata dall'amore di Dio, suo punto continuo di consolazione e riferimento. A tutti offre aiuto, trova per ogni persona un atteggiamento affettuoso, delicato o la parola più adatta.
Viene alla luce nel dicembre del 1939 a Wamba, in una famiglia pagana: alla nascita il padre le attribuisce il nome Nengapèta.
Dopo la conversione al cristianesimo, chiede di aggiungersi il nome di Alfonsina. Ancora giovane entra nella congregazione belga delle Suore della Sacra Famiglia e vive quasi sempre la sua vita nel convento.
Nell'umiltà ubbidisce, mossa da un alto senso di servizio, di partecipazione fattiva e collaborazione alla vita della comunità.
Il 29 novembre 1964 venne presa dai ribelli Simba con altre consorelle e trasportata su di un camion a Isiro, dove, nella notte del 1º dicembre 1964, per avere energicamente rifiutato di acconsentire alle malvagie richieste del capitano Olombe, dopo selvaggi maltrattamenti venne barbaramente uccisa: "Preferisco morire piuttosto che commettere peccato".
Prima di cadere sotto i colpi dell'inferocito Olombe, come Gesù sulla croce, perdonò il suo uccisore con queste parole: "Io ti perdono, perché tu non sai quello che fai". Aveva 25 anni.
Tre furono gli ideali che Sr. Maria Clementina coltivò nella sua vita, di cristiana prima, e di consacrata poi: l'obbedienza, l'umiltà, la preghiera.
Per la sua eroica e gloriosa morte, Sr Maria Clementina è ritenuta "l'Agnese del Continente Africano".
Giovanni Paolo II beatificò Sr. Maria Clementina Anuarite Nengapeta il 15 agosto 1985, durante il suo viaggio apostolico in Africa".
(Autore: Don Gino Valtorta, Postulatore Generale della Famiglia Paolina - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Clementina Anuarite Nengapeta, pregate per noi.
Martirologio Romano:
A Le Mans in Neustria, ora in Francia, San Donnólo, vescovo, già abate del monastero di San Lorenzo a Parigi, insigne per i suoi miracoli.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Donnolo, pregate per noi.
*Sant'Edmondo Campion - Martire, Gesuita (1 Dicembre)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Santi Quaranta Martiri di Inghilterra e Galles”
Londra, 24 gennaio 1540 - 1 dicembre 1581
Nato da famiglia cattolica, dovette abiurare alla sua fede e diventare protestante riconoscendo la Regina capo della Chiesa per poter studiare all’università di Oxford, dove si distinse come eccezionale oratore.
Ma procedendo negli studi si convinse che la religione anglicana deformava l’immagine originaria della Chiesa.
Si decise così a partire per l’esilio in Irlanda, pur di poter ritornare Cattolico.
Ma nonostante camuffato, fu riconosciuto e perseguitato. Ciò nonostante entra nei Gesuiti nella provincia austriaca di Praga.
Di li fu inviato temerariamente proprio nella nativa Inghilterra a predicarvi il Cattolicesimo.
Entrò nella sua terra pubblicando una audace lettera intitolata “sfida” rivolta ai Teologi protestanti, che ne rimasero fortemente impressionati.
Utilizzando la recente invenzione della stampa diffuse 400 copie (per allora tantissime!) di un testo intitolato “le dieci ragioni per essere cattolico”.
Questo libro lo costrinse nuovamente all’esilio. Ma una spia lo fece catturare a Norfolk, per essere imprigionato nella torre di Londra, dove l’alternarsi di promesse economiche e di torture al cavalletto non riuscirono a farlo abiurare.
Una pubblica disputa con i Teologi protestanti aumentò il suo prestigio pubblico, fino a che un processo istruito con testimoni falsi prezzolati lo imputò di congiura contro la Regina. Fu così legato a un cavallo che lo trascinò come una carrozza correndo per le via di Londra, fino a che si avviò alla ghigliottina pregando per la salvezza della Regina.
Visse nel triste periodo della Riforma Anglicana, sotto il regno della scismatica regina Elisabetta I; nacque a Londra il 25 gennaio 1540 da agiati genitori, inizialmente cattolici e poi passati al protestantesimo.
Educato con questi indirizzi, frequentò prestigiose Scuole di Londra, la sua evidente perspicacia negli studi si evidenziò con alcuni discorsi da lui preparati e tenuti in occasione di importanti avvenimenti del tempo, come l’ingresso a Londra della regina Maria Tudor nel 1553, che gli aprì le porte del collegio universitario di Oxford, i compagni di studio, per le sue qualità, si raccolsero intorno a lui sotto il nome di “campionisti”.
Dovette adattarsi alla situazione religiosa per cui già nel 1564, prestò il giuramento anticattolico riconoscendo la supremazia religiosa della regina; dovendo in quello stesso anno dedicarsi agli studi di filosofia aristotelica, di teologia e dei Santi padri, scoprì che l’anglicanesimo non era altro che una deformazione dell’antica fede che aveva resa grande l’Inghilterra.
Si sentì profondamente a disagio quando il vescovo anglicano di Gloucester, avendolo conosciuto, desiderò che diventasse suo successore e quindi lo ordinò diacono, ma quella ordinazione turbò profondamente Edmondo, procurandogli cocenti rimorsi, cosicché abbandonò il servizio religioso protestante, gli studi e le altre cariche e il 1° agosto 1569 lasciò Oxford per Dublino nell’Irlanda cattolica, dove professò apertamente il cattolicesimo.
Sentendosi ricercato dai fedeli alla regina, si rifugiò a Douai in Francia, per entrare in seminario e completare gli studi teologici. Riconciliato con la Chiesa fu ordinato suddiacono, poi entrò nella Compagnia di Gesù nel 1573, dove fu accettato e destinato alla provincia austriaca dell’Ordine.
Insegnò nel Collegio di Praga, fu ordinato sacerdote nel 1578 e si dedicò valentemente alla predicazione, in questo periodo scrive varie opere letterarie di religione. Nel 1580 viene destinato alla Missione inglese con sua grande gioia e dopo essere stato ricevuto in udienza dal Papa insieme ad un compagno Roberto Persons, il 18 aprile si avviarono verso questa nuova meta di apostolato.
Saputo che in Inghilterra erano già informati del loro arrivo, poterono sbarcare solo con stratagemmi e travestimenti, il 26 giugno si rifugiò a Londra presso amici. Un suo discorso pronunciato il giorno della festa di s. Pietro, ebbe una grande eco nel regno, la stessa regina Elisabetta irritata, diede ordine di prendere l’autore che si teneva nascosto.
Necessariamente dovette lasciare Londra e intraprese il suo ministero in forma itinerante, spostandosi da un paese all’altro per le varie Contee del regno. Rilasciò una ‘dichiarazione’ in cui spiegava la spiritualità della sua missione, chiedendo di poter avere dei confronti con i lords, con i professori universitari e con persone esperte di diritto civile ed ecclesiastico. Inoltre dichiarava l’intento dei gesuiti a voler tentare tutto per riportare la fede cattolica, anche a costo della loro vita.
Questa ‘dichiarazione’ divenne pubblica e se da un lato confortò i cattolici, dall’altro provocò la reazione degli scismatici e le prigioni si riempirono di persone fedeli a Roma. Il Campion fece di più, il 29 giugno 1581 sui banchi della chiesa di s. Maria ad Oxford si trovarono 400 copie di un opuscolo da lui fatto stampare di nascosto, in cui dopo aver esposto le contraddizioni dell’anglicanesimo, invitava la regina a ritornare nella Chiesa.
Il 16 luglio tradito da tale Giorgio Eliot, fu preso dopo aver celebrato la Santa Messa nella casa della signora Yate; tre giorni dopo fu condotto alla Torre di Londra, legato all’incontrario su un cavallo, con la scritta sulla testa “Campion il gesuita sedizioso”, fu processato con la presenza della stessa regina e inutili furono tutti i tentativi di fargli riconoscere la supremazia reale in religione, nonostante le torture a cui fu sottoposto e le lusinghiere offerte della regina.
La folla partecipava al processo e veniva colpita favorevolmente dalle sue argomentazioni; comunque riconosciuto colpevole di essere entrato in Inghilterra di nascosto con finalità sovversive, fu condannato a morte. Salì il patibolo dell’impiccagione il 1° dicembre 1581 e già con il cappio al collo, esternò il suo rispetto alla regina e alla sua autorità affermando ancora una volta davanti ad una grande folla, di morire nella vera fede cattolica e romana.
Il suo culto fu confermato da Papa Leone XIII il 9 dicembre 1886, beatificato da Papa Pio XI il 15 dicembre 1929 è stato poi canonizzato insieme ad altri 39 martiri d’Inghilterra il 25 ottobre 1970 da Papa Paolo VI.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Edmondo Campion, pregate per noi.
*Sant'Eligio - Vescovo (1 Dicembre)
Chaptelat (presso Limoges, Francia), 588-590 - Olanda, 1° dicembre (?) 660
Nacque a Chaptelat (presso Limoges in Francia) intorno al 590. Una leggenda racconta che gli si presentò il diavolo vestito da donna: e lui, Eligio, rapido lo agguantò per il naso con le tenaglie.
Questa colorita leggenda è raffigurata in due cattedrali francesi (Angers e Le Mans) e nel duomo di Milano, con la vetrata di Niccolò da Varallo, dono degli orefici milanesi nel Quattrocento.
L'Eligio storico, figlio di gente modesta, deve aver ricevuto tuttavia un'istruzione, perché venne assunto come apprendista dall'orefice lionese Abbone, che dirige pure la zecca reale.
Sotto Clotario, Eligio va a dirigere la zecca di Marsiglia e intanto continua a fare l'orefice.
Col nuovo re Dagoberto I (623-639) viene chiamato a corte e cambia mestiere: il sovrano ne fa un suo ambasciatore, per missioni di fiducia.
Altri incarichi se li prende da solo: per esempio, riscattare a sue spese i prigionieri di guerra, fondare monasteri maschili e femminili.
Morto il re, sceglie la vita religiosa, e il 13 maggio 641 viene consacrato vescovo di Noyon-Tournai dove s'impegna nella campagna di evangelizzazione (e ri-evangelizzazione) nel Nord della Gallia, nelle regioni della Mosa e della Scelda, nelle terre dei Frisoni. Muore nel 660. (Avvenire)
Patronato: Fabbri, Gioiellieri, Garagisti
Etimologia: Eligio = eletto, dal latino, nobile guida, dall'ebraico
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Noyon in Neustria, ora in Francia, Sant’Eligio, vescovo, che, orefice e consigliere del re Dagoberto, dopo aver contribuito alla fondazione di molti monasteri e costruito edifici sepolcrali di insigne arte e bellezza in onore dei Santi, fu elevato alla sede di Noyon e Tournai, dove attese con zelo al lavoro apostolico.
Gli si presenta il diavolo vestito da donna: e lui, Eligio, rapido lo agguanta per il naso con le tenaglie.
Questa colorita leggenda è raffigurata in due cattedrali francesi (Angers e Le Mans); e nel Duomo di Milano, con la vetrata di Niccolò da Varallo, dono degli orefici milanesi nel Quattrocento.
L’Eligio storico, figlio di gente modesta, deve aver ricevuto tuttavia un’istruzione, perché viene assunto come apprendista dall’orefice lionese Abbone, che dirige pure la zecca reale: un grande maestro nella sua arte.
E l’allievo Eligio non è da meno.
Della sua fama di artefice e di galantuomo parla un singolare racconto, non documentato: il re Clotario II gli commissiona un trono d’oro, dandogli il metallo occorrente.
E lui, con quello, di troni gliene fa due.
Dimezzato il preventivo: cose mai viste, né prima né dopo.
Sotto Clotario, Eligio va a dirigere la zecca di Marsiglia, e intanto continua a fare l’orefice.
Col nuovo re Dagoberto I (623-639) viene chiamato a corte e cambia mestiere: il sovrano ne fa un suo ambasciatore, per missioni di fiducia.
Altri incarichi se li prende da solo: per esempio, riscattare a sue spese i prigionieri di guerra, fondare monasteri maschili e femminili.
Morto il re, sceglie la vita religiosa, e il 13 maggio 641 viene consacrato vescovo di Noyon-Tournai.
Comincia un’esistenza nuova.
Eligio s’impegna nella campagna di evangelizzazione (e rievangelizzazione) nel Nord della Gallia, nelle regioni della Mosa e della Scelda, nelle terre dei Frisoni.
Ne diventa uno dei protagonisti, con altri vescovi come Audoeno (Ouen) di Rouen (che sarà anche il suo biografo), Amand di Tongres, Sulpizio il Pio di Bourges.
E la sua vita si conclude appunto sul campo, in terra olandese (di qui i suoi resti verranno riportati a Noyon solo nel 1952).
E subito parte l’altra storia di Sant’Eligio: il suo culto si diffonde in Francia, in Germania, in Italia.
Lo vogliono come patrono non solo gli orafi, ma in pratica tutti gli artigiani dei metalli, e poi i carrettieri, i netturbini, i mercanti di cavalli, i maniscalchi, e ai tempi nostri anche i garagisti. In alcune località francesi si dà la benedizione ai cavalli nel giorno della sua festa.
(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Eligio, pregate per noi.
*Sant'Evasio - Vescovo e Martire (1 Dicembre)
IV secolo
Patronato: Casale Monferrato (AL)
Emblema: Bastone pastorale, Mitra
Secondo alcuni studiosi, Evasio sarebbe il primo vescovo di Asti, consacrato verso l’anno 330. Dedicò all’unico vero Dio il principale tempio cittadino, già intitolato alla dea Minerva, ed introdusse in città alcuni monaci affidando loro la chiesa dei Santi Apostoli.
In tal modo riuscì ad estirpare quasi completamente il paganesimo ancora dilagante, ma gli fu fatale il non riuscire a convertire i capi della locale setta ariana, assai potente.
Questi costrinsero Evasio a rifugiarsi con i compagni Proietto e Maliano nei pressi di Casale, nella Selva Cornea.
Ma verso il 362 il prefetto della città, Attubalo, sobillato dagli ariani, li fece arrestare e decapitare insieme con altri centoquarantacinque fedeli.
I martiri ricevettero sepoltura nell’antica chiesa di San Lorenzo dal sacerdote San Natale di Casale.
Una passio favolosa composta nel IX secolo, considera Evasio vescovo di Casale ucciso al tempo di Liutprando, cioè nell’VIII secolo.
La città, in epoca medioevale si chiamò in onore del patrono Casale Sant’Evasio, come si legge in un diploma dell’imperatore Federico I Barbarossa, il quale prese sotto la sua protezione gli abitanti di “Casalem Sancti Evasii”.
Tuttavia la prima notizia sicura di una chiesa dedicata a Sant’Evasio nell’antica capitale del Monferrato si riscontra in un documento del 12 maggio 974 del vescovo Ingone di Vercelli.
Oggi il centro più vivo del culto verso il Santo è proprio la città piemontese Casale Monferrato, che lo festeggia solennemente al 12 novembre quale patrono della città e della diocesi.
L’iscrizione del nome di Sant’Evasio nei martirologi è tardiva: si incontra nel Belino, nel Greven, nel Galesino. Il Baronio lo ha inserito nel Martirologio Romano alla data del 1 dicembre, data in cui ancora oggi è commemorato ad Asti.
Orazione
Dio, Padre onnipotente,
che nei tuoi santi manifesti la vittoria della fede sul mondo,
concedi che il Santo vescovo Evasio,
pastore, maestro e testimone della fede con la vita,
ci ottenga sapienza, fortezza e costanza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. Amen.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Evasio, pregate per noi.
*Santa Fiorenza - Eremita (1 Dicembre)
sec. IV
Convertita da Sant'Ilario, vescovo di Poitiers. Seguì il Santo vescovo in esilio, ritornò con lui in Francia e visse come eremita a Comblè.
Etimologia: Fiorenza = che fiorisce, fiorente, dal latino
Martirologio Romano: A Poitiers in Aquitania, ora in Francia, Santa Fiorenza, vergine, che, convertita al vero Dio dal vescovo Sant’Ilario esiliato nella provincia d’Asia, lo seguì al suo ritorno in patria.
Si tratta di una Santa francese venerata a Poitiers il 1° dicembre, essa era figlia di un colono romano stabilitosi in Asia Minore, lungo la strada che dalla Frigia conduceva a Seleucia.
Fiorenza viene citata nella ‘Vita Hilarii’ del sec. VII, ove si racconta che Sant’ Ilario di Poitiers, la incontrò nel suo viaggio verso Seleucia dove si doveva tenere il Sinodo degli Orientali del 359, ella chiese di essere battezzata e poi si mise a seguire il Santo vescovo esiliato, ritornando con lui, l’anno successivo, nel Poitou in Francia.
Si suppone che Fiorenza vivesse come eremita a Comblé (Vienne). Un antico codice del secolo XII, pone la sua morte nel 366 all’età di 29 anni.
Le sue reliquie trasferite nella cattedrale di Poitiers nel secolo XI, furono in parte bruciate nel 1562.
In Francia vi sono due località chiamate Sainte-Florence, nella Gironda e nella Vandea.
Il nome deriva dal latino Flòrens che significa “che fiorisce”, da cui vennero tratti i nomi di Florentius e Florentia. Anche la città di Firenze in origine si chiamava Fiorenza. In francese: Florence, in spagnolo: Florencia.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Fiorenza, pregate per noi.
*Beato Giovanni Beche - Abate e Martire (1 Dicembre)
+ Colchester, Regno Unito, 1 dicembre 1539
Il Martyrologium Romanum commemora in data odierna il beato benedettino Giovanni Beche, abate del monastero di Colchester.
Incriminato per il reato di tradimento, ma in realtà per essersi mantenuto fedele al Romano Pontefice, fu condannato a morte e condotto al patibolo sotto il re Enrico VIII d’Inghilterra. Il papa Leone XIII lo beatificò il 13 maggio 1895.
Martirologio Romano: A Colchester in Inghilterra, Beato Giovanni Beche, sacerdote dell’Ordine di San Benedetto e martire, che, abate del monastero di San Giovanni, fu condannato a morte e consegnato al patibolo sotto il re Enrico VIII con il pretesto del reato di tradimento, ma di fatto per aver mantenuto la fedeltà al Romano Pontefice.
Nel 1534 il clero inglese fu chiamato a prestare un giuramento di supremazia che riconosceva il sovrano inglese come capo della Chiesa nel territorio del regno.
Ad eccezione dei Santi Tommaso Moro e Giovanni Fisher, dei monaci certosini e degli osservanti francescani, pochi altri si opposero immediatamente a questo tradimento nei confronti del Papa.
Gli abati di Glastonbury, Reading e Colchester prestarono tutti giuramento assieme ai loro monaci, sperando di poter così proteggere i loro antichi monasteri dalla tirannia del re, ma tutti e tre raggiunsero un punto di non ritorno quando s’intensificò la soppressione degli ordini monastici.
Nonostante l’abate di Colchester sia stato beatificato con il nome di John Beche, forse il suo vero cognome fu Marshall ed il suo nome religioso Tommaso.
Nessuna notizia ci è pervenuta circa le sue origini. Si laureò ad Oxford nel 1515 e per alcuni anni fu abate di St Werburgh presso Chester.
Nel 1533, infine, fu eletto abate di St John a Colchester. John Beche era senza dubbio un uomo erudito, amico dei santi martiri Tommaso Moro e Giovanni Fisher.
Interessato alle nuove dottrine protestantizzanti, insieme alla sua congregazione benedettina accettò il giuramento previsto dall’Atto di Supremazia. Fu però sorpreso a protestare contro l’esecuzione dei due santi suddetti e ciò fu riferito al re.
Nel novembre 1538 alcuni ispettori furono inviati per chiudere l’abbazia di Clochester, ma l’abate ribatté loro: “Il re non avrà mai il mio monastero contro il mio volere e il mio cuore, perché so che non può prenderlo per diritto e in base alla legge. Perciò in coscienza non posso accettare, né lo farò con il cuore e la volontà”.
Durante i primi quattro giorni del novembre 1539, gli ispettori restarono a Brentwood, nell’Essex, per interrogare i testimoni contro il Beche.
Provato che egli si era dichiarato contrario alla soppressione dei monasteri, al matrimonio del re con Anna Bolena ed alla potestà regia sulla Chiesa inglese, l’abate fu interrogato in base a tali accuse, ma tentò di ritrattare le sue tesi temendo la durezza del carcere.
Il documento che testimonia questi eventi, autografo dello stesso John Beche, fu ritrovato solamente dopo la sua beatificazione. Ad ogni modo, pare che ritrattò le sue ultimi dichiarazioni durante il processo.
Non vi è traccia del processo celebratosi a Clochester, ma uno dei giudici riferì a Cromwell che il prigioniero “in sostanza si riconosceva colpevole, in base alle accuse” e perciò fu giustiziato il 1 dicembre 1539. Insieme con altre vittime della medesima persecuzione, John Beche fu beatificato dal Pontefice Leone XIII 13 maggio 1895 mediante conferma di culto.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Beche, pregate per noi.
*Beato Giovanni Gueruli da Verucchio - Diacono (1 Dicembre)
Verucchio, Rimini, ca 1270 - Rimini, 1 dicembre 1320
Non si conosce con precisione la data della sua nascita, che gli studiosi collocano intorno al 1270. Giovanni Gueruli fu Canonico della Cattedrale di Rimini, esemplare nella carità, nella sua vita compì numerosi miracoli. Morì il 1 dicembre 1320. Nel 1808 fu concessa la facoltà di celebrare la messa e l'ufficio in suo onore.
Giovanni Gueruli nacque a Verucchio, intorno all’anno 1270. Fu canonico della cattedrale di Rimini e nel 1292 vicario del vescovo Guido. Condusse una vita "esemplare per carità" e dai documenti del tempo, conservati nell’Archivio Capitolare, sappiamo che il 18 febbraio 1311 testimoniò alla stesura del testamento di Malatesta da Verucchio. Il suo nome compare subito dopo quello dell’alto prelato ed è presente in altri due documenti coevi. È probabile che seguisse la regola di Sant´Agostino.
Il Beato Giovanni morì il 1° dicembre 1320.
Nell’agosto del 1388 il vescovo Malatesta scoprì il suo corpo incorrotto, vestito da diacono, nella cattedrale di Santa Colomba. Antonio Gualdi, dopo aver ottenuto una grazia, costruì una cappella in cui fece riporre una ricca arca per contenere le sacre spoglie.
L’anno dopo Pandolfo Malatesta e Isabella Ordelaffi si recarono a visitare la cappella e l’arca fu aperta per venerare la salma intatta. La cappella divenne meta di devoti, numerosi ex voto vennero raccolti a testimonianza dei miracoli. Nelle cronache antiche del convento francescano di Rimini si dice che presso la sua tomba vi era la sua effige dipinta da scolari di Giotto. Tra i fatti prodigiosi che ci sono stati tramandati leggiamo che suo padre avrebbe visto, prima che nascesse, un aquilotto levarsi in volo dal grembo della madre.
Il Beato aveva come prebenda un terreno seminato a fave. Un giorno il mezzadro si lamentò che i viandanti gliele rubavano, ma Giovanni lo rincuorò, facendo uscire fave in abbondanza dagli steli ormai secchi. L’antichità del culto è attestata in un manoscritto del 1389 conservato all’archivio capitolare, in cui sono registrate alcune grazie e le spese relative al suo culto.
Nel 1514 il corpo fu riposto nella parete laterale della cappella. Nel 1676, in occasione di lavori di abbellimento che interessarono tutta la cattedrale, i devoti del beato commissionarono una pala d’altare ad Angelo Sarzetti, su disegno di Carlo Cignani, in seguito andata distrutta. Nel 1709 Giovan Battista Del Moro realizzò una lastra di rame dorato raffigurante la salma del Gueruli per ornamento dell’urna. Quando il titolo della cattedrale fu trasferito alla chiesa di san Francesco, le reliquie furono trasferite nel nuovo duomo, l'odierno Tempio Malatestiano.
Nel 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, si decise di portarle nella Chiesa Collegiata di Verucchio, mettendole al riparo dei bombardamenti. L'altare del duomo andò distrutto mentre della lastra si persero le tracce. Recentemente è stata ritrovata sul mercato antiquario e rimessa al suo posto.
Cristoforo Zanotti, o Gianotti, discendente del beato, scrisse nel 1498 la prima biografia. Lo storico cappuccino Cristoforo Facciardi volgarizzò il primo testo latino, servendosi anche di un manoscritto di Claudio Paci, e collegò il Gueruli ai francescani, asserendo che i suoi antenati, per quei religiosi, fabbricarono un edificio, ancora vivente San Francesco.
I manoscritti dello Zanotti sono andati perduti, ma la copia appartenuta ai Canonici, nel 1666, fu copiata per i Bollandisti. La causa fu aperta nel 1641, il titolo di beato fu confermato da Papa Pio VII nel 1808.
L’iconografia lo rappresenta ai piedi della croce, nel cui centro vi è il Volto Santo.
È possibile dunque supporre che il Beato Giuseppe abbia avuto una visione di Cristo. Anche gli ex voto antichi, di legno, avevano l’effige del Beato e del Santo Volto sulla Croce.
(Autore: Daniele Bolognini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Gueruli da Verucchio, pregate per noi.
*San Girolamo de Pratis - Martire Mercedario (1 Dicembre)
Originario d'Aragona (Spagna), San Girolamo de Pratis, appartenente al convento mercedario di Sant'Eulalia in Barcellona, fu un religioso umile, paziente, donato all'orazione ed estremamente caritatevole.
Inviato in redenzione a Tunisi in Africa, iniziò la sua missione passando paese per paese alla ricerca di schiavi, alcuni perfidi mori vedendolo così risoluto nella sua fede in Cristo tentarono invano di farlo abiurare.
Adirati e pieni di odio verso i cristiani lo presero e legatolo ad un albero lo trafissero di frecce; gloriosamente ricevette il martirio nell'anno 1431.
L'Ordine lo festeggia l'1 dicembre.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Girolamo de Pratis, pregate per noi.
*San Hussik - Vescovo in Armenia, Martire (1 Dicembre)
Armenia, 305 - † 348
Hussik era figlio del ‘Katholikós (vescovo) Verthanes e nipote di San Gregorio Illuminatore, conosciuto anche come San Gregorio Armeno e al cui nome è intitolata a Napoli, la celebre strada dei ‘pastori’ e l’antica chiesa di San Gregorio Armeno; nacque verso il 305 in Armenia, venne educato alla corte del re Tiran, che gli fece sposare una sua figlia, dall’unione nacquero due figli Atanagines e Papi quali una volta cresciuti, condussero una vita molto dissimile dalla sua, ciò gli procurò molti dispiaceri.
Una visione divina lo consolò, perché prediceva che da loro sarebbero nati altri santi illuminatori della Chiesa armena.
Dal primo nacque San Nerses e da questi Sant’ Isacco; dal secondo nacque Vardan il cui figlio fu San Mesrop; quindi ben tre veri santi illuminatori.
Comunque dopo la nascita dei due gemelli, Husik lasciò la vita coniugale per dedicarsi a quella ascetica. Alla morte del padre Verthanes, Hussik venne eletto a succedergli come ‘Katholikós’ dell’Armenia, nel 342 ca.
Venne consacrato a Cesarea di Cappadocia, il suo governo durò sei anni, durante i quali si dimostrò un vero pastore di anime, conducendo una vita esemplare; non si esentava dal riprendere anche il re suo suocero ed i principi, per la vita dissoluta che conducevano e questo coraggio gli costò la vita.
Durante una solennità religiosa, il re ed il suo seguito si accingevano ad entrare in chiesa, ma Hussik glielo impedì, rimproverandolo pubblicamente: “Sei indegno di entrare in chiesa”. Il re infuriato, lo fece bastonare con violenza; i sacerdoti della chiesa lo soccorsero morente e lo trasferirono a Thordan, villaggio della regione di Daranalis, in un suo podere.
Dopo pochi giorni a seguito delle lesioni e percosse subite, morì, venendo sepolto presso suo nonno San Gregorio l’Illuminatore, era l’anno 348.
La sua ricorrenza liturgica nella Chiesa armena è al 1° dicembre, insieme ad altri Santi, figli e nipoti di San Gregorio.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Hussik, pregate per noi.
*San Leonzio di Frejus - Vescovo (1 Dicembre)
Martirologio Romano:
A Fréjus nella Provenza sempre in Francia, San Leonzio, vescovo, che appoggiò l’istituzione monastica di Sant’Onorato nell’isola di Lérins; a lui San Giovanni Cassiano, suo amico, dedicò le sue dieci prime Conferenze.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Leonzio di Frejus, pregate per noi.
*Beata Liduina (Angela Elisa) Meneguzzi - Religiosa (1 Dicembre)
Giarre, Abano Terme, 2 settembre 1901 - Dire-Dawa, Etiopia, 2 dicembre 1941
Dimostra fin da giovane attenzione agli altri e capacità di dono. Attratta da un ideale di consacrazione totale a Dio sceglie la religiosità delle suore di San Francesco di Sales, che a Padova hanno la sede generalizia.
Vi entra a 25 anni e una volta professata la sua fede assume il nome di suor Liduina.
Nel 1937 viene inviata in Etiopia tra gli ammalati e i feriti di guerra dell’Ospedale di Dire-Dawa, come infermiera. Qui morirà nel 1941 per un tumore, il 2 dicembre.
Martirologio Romano: Nella città di Dire Dawa in Etiopia, Beata Liduina (Elisa Angela) Meneguzzi, vergine dell’Istituto di San Francesco di Sales, che, divenuta autentico specchio di umiltà e di carità cristiana, rese manifesta con la sua benignità la misericordia di Dio tra i poveri, i malati e i prigionieri.
Nasce in località Giarrre di Abano Terme, provincia di Padova, il 12 settembre 1901 e la battezzano con i nomi di Elisa Angela. Insieme al latte materno succhia abbondanti dosi di fede ed onestà, che sono poi le uniche ricchezze della sua umile e modesta famiglia contadina.
Cresce all’ombra del campanile non tanto geograficamente parlando (ci sono due chilometri di strada, da percorrere rigorosamente a piedi, per raggiungere la chiesa) quanto perché dalla parrocchia si sente irresistibilmente attratta come da una calamita. Ogni giorno la messa e il catechismo, prima per impararlo e poi per insegnarlo, e alla sera ancora con tutta la famiglia attorno al grande tavolo della cucina a sgranare il rosario.
A 14 anni va a lavorare fuori casa, come persona di servizio nelle famiglie dei signorotti e negli alberghi che ad Abano Terme non mancano di certo, ma a 25 anni lascia tutto per entrare tra le suore di San Francesco di Sales (le “suore Salesie” ) che hanno la Casa Madre proprio a Padova.
Qui le danno il nuovo nome di Suor Liduina e qui ritrova le mansioni umili in cui già si è esercitata a casa. Così, con disinvoltura e una semplicità che incanta, passa dal ruolo di guardarobiera a quello di infermiera, dai compiti di sacrestana a quelli di assistente nel collegio femminile: in ogni posto e in ogni incarico un tocco di umanità, un sorriso, tanta disponibilità. Sarà per questo che le ragazze del collegio trovano in lei un’amica e una confidente e la cercano per la tenerezza, la serenità e la pazienza che si sprigionano da lei.
Ha il desiderio, per troppo tempo inappagato, di andare in missione e i superiori le fanno fare anticamera fino al 1937, quando finalmente la mandano in Etiopia. Approda a Dire-Dawa, una città cosmopolita, caratterizzata dalla presenza di gente dalle origini, costumi e religioni diverse. La suora italiana si inserisce in questo mosaico di razze e di religioni con la sola arma che possiede, la bontà., distribuita a piene mani nell’ospedale in cui opera come infermiera premurosa, attenta, tenerissima. Lo scoppio della guerra trasforma quella struttura sanitaria in ospedale militare e lei deve moltiplicare la sua generosità e le sue attenzioni per i soldati feriti che le vengono portati da ogni dove e che, non appena la conoscono, vogliono solo lei al loro capezzale. La sua generosità si trasforma in eroismo durante i frequenti bombardamenti sulla città: incurante dei pericoli, anche sotto le bombe, corre ad estrarre i feriti dalle macerie per trasportarli nei rifugi, prestare loro le prime cure, accompagnarli nel trapasso.
In questa opera di soccorso la sua carità non ha confini e si riversa indistintamente su bianchi e neri, cattolici e copti, musulmani e pagani. Solo la malattia può fermarla: un tumore devastante se la porta via a 40 anni, il 2 dicembre 1941 e cristiani e musulmani la piangono come una mamma.
Beatificata nel 2002, Suor Liduina Meneguzzi ripete a tutti, anche oggi, che l’ecumenismo, quello autentico, si costruisce solo e sempre sulla solida base dell’amore.
*Beata Maria Rosa di Gesù (Bruna Pellesi) - Suora Francescana (1 Dicembre)
Morano, Modena, 11 novembre 1917 – Sassuolo, Modena, 1 dicembre 1972
Bruna Pellesi nacque a Morano di Prignano (MO) l'11 novembre 1917 ultima di nove fratelli. A ventitrè anni Bruna lasciò il lavoro nei campi e il servizio a sei nipotini rimasti orfani e partì per Rimini con l'intenzione di consacrarsi al Signore.
Dopo aver trascorso a Rimini il postulandato e il noviziato il 24 settembre 1941 vestì l'abito delle Suore Terziarie Francescane di S. Onofrio, chiamate in seguito, su sua proposta, Francescane Missionarie di Cristo.
Dopo aver servito per qualche anno i bambini dell'asilo a Sassuolo e a Ferrara Suor Maria Rosa si ammalò e fu costretta ad entrare in sanatorio (1945) a causa di una grave forma di tubercolosi polmonare.
Fu l'inizio di un lungo calvario che si concluse solo con la sua morte che avvenne a Sassuolo l'1 dicembre 1972.
L'opera apostolica di suor Maria Rosa risplendette soprattutto in questi anni di malattia, tempo in cui consolò e servì tanti che condividevano la sua stessa situazione. Ora riposa nel cimitero di Sassuolo in attesa di raggiungere la Casa Madre di Rimini che tanto amava. Nel febbraio 1977 si iniziò la Causa di Beatificazione. Il Processo Cognizionale è stato chiuso il 2 febbraio 1987.
Testimoniò la gioia di essere una sposa di Cristo, che l’aveva fatta partecipe delle sofferenze della Croce, con i suoi 27 anni di grave malattia, mai lamentandosi della sua condizione e lei stessa scrisse: “Sia benedetto il Signore che mi concede la grazia di un pochino della Sua Santa Croce e mi dà la grande grazia di portarla nella pace…come dono, non come peso”.
Scorrendo l’elenco lunghissimo della anime consacrate, negli Ordini e Congregazioni religiose oppure come Terziari e Terziarie, che offrirono la loro vita consumata dalle più svariate e debilitanti malattie, a volte senza più alzarsi dal loro letto fino alla morte; viene la certezza che il Signore predilige queste anime che sanno trasformare il loro dolore, da un moto spontaneo di disperazione e ribellione, specie se colpite in giovane età. in un’occasione di elevazione spirituale a volte mistica.
Esse seppero diffondere quest’esempio di rassegnazione alla volontà di Dio, a quanti le contattavano, e dando la pace dello spirito, a chi in salute stava certamente meglio di loro.
E anche la Chiesa lungo i secoli ha voluto indicare il loro esempio ai cristiani, esaltandone le virtù, esaminandone gli scritti, ascoltando testimonianze, accertando i miracoli e prodigi scaturiti per la potenza della loro intercessione e alla fine proclamando la loro santità, nello spirito della Chiesa.
Ed è il caso di Bruna Pellesi, questo il suo nome da laica, che nacque a Morano (Modena) ma in diocesi di Reggio Emilia, l’11 novembre 1917; figlia di agricoltori, a 23 anni lasciò il lavoro dei campi e dando seguito alla sua vocazione allo stato religioso, il 23 settembre 1941 a Rimini, vestì l’abito proprio delle ‘Suore Terziarie Francescane di S. Onofrio’, prendendo il nome di Maria Rosa di Gesù.
In seguito su sua proposta, le suore vennero denominate ‘Francescane Missionarie di Cristo’; si diplomò come maestra d’asilo a Bologna, l’11 luglio 1942 in piena Seconda Guerra Mondiale.
Dal 30 settembre 1942 fu al servizio dei bambini all’asilo S. Anna di Sassuolo e dal 19 maggio 1945 all’asilo di Ferrara. Ma il Signore la volle con sé quasi subito sulla Croce, infatti il 5 settembre 1945 fu ricoverata all’ospedale S. Anna di Ferrara e due mesi dopo, il 15 novembre, entrò nel sanatorio Pineta di Gavano (Modena) con la diagnosi di una grave forma di tubercolosi polmonare; malattia che soprattutto durante la guerra e il dopoguerra, mieté tante vittime specie tra i giovani.
Aveva 30 anni quando il 31 agosto 1947 emise i voti perpetui; poi venne ricoverata nell’Istituto sanatoriale “C.A. Pizzardi” di Bologna il 7 dicembre 1948. Trascorse tutti gli anni successivi quasi sempre nei sanatori di varie città, con rare uscite nella vita normale delle suore.
A Rimini il 4 ottobre 1967 celebrò il 25° di vita consacrata e il 1° settembre 1970 volle ricordare con gioia il 25° di malattia, scrivendo: “Grazie, Signore! Sono stati anni di tanta grazia… Aiutami a dimenticarmi, a donarmi a te e agli altri tutti nel mondo”.
Avendo accettato la volontà di Dio in tutto, ripeteva: “Mi son fatta suora per glorificare il Signore, ebbene lo glorificherò da ammalata”. Il suo pregare, lavorare, soffrire era per gli altri e diceva: “Voglio che tutti siano salvi, voglio portare tutti in Paradiso”.
Dai sanatori esercitò l’apostolato della scrittura, si pensi che i suoi scritti sono raccolti in 16 volumi di 2134 pagine. Scrisse quasi 2000 lettere a consorelle, sacerdoti, laici, ammalati, esortandoli ad essere coraggiosi testimoni cristiani.
Incitava tutti ad amare il Papa, la vera Chiesa, non ascoltando i nuovi profeti; dopo 27 anni di malattia, morì a Sassuolo il 1° dicembre 1972 a 55 anni. Il 1° febbraio 1977 si avviò la causa di beatificazione con il nulla osta per l’introduzione del 6 marzo 1981. La procedura, andata a buon fine, ha portato alla gloria degli altari Maria Rosa Pellesi il 29 aprile 2007. I vescovi emiliani nella lettera postulatoria, scrissero fra l’altro: “il suo esempio è certamente di particolare aiuto ai sacerdoti, religiosi, fedeli, anziani, ammalati, nel riscoprire il valore della sofferenza offerta a Dio con amore”.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria Rosa di Gesù, pregate per noi.
*San Naum - Profeta (1 Dicembre)
Elcos, Galilea, VII secolo a.C.
Martirologio Romano: Commemorazione di San Naum, profeta, il quale predicò che Dio regge il corso del tempo e giudica i popoli nella giustizia. L’omonimo Libro di Naum è il 41° del Vecchio Testamento, segue quello di Michea e precede quello di Abacuc.
L’asprezza con cui Naum si esprime, risente però della mentalità e del clima dell’Antico Testamento; di questo Profeta, considerato il settimo dei profeti ‘minori’, non si sa praticamente nulla della sua vita; egli visse nella seconda metà del VII secolo a.C., probabilmente nello spazio di tempo che va dalla caduta di Tebe (663 a.C.), alla caduta di Ninive (612 a.C.) per mano degli eserciti babilonesi e persiani; e nacque secondo San Girolamo nello sconosciuto villaggio di Elcos in Galilea.
Col suo libro o meglio libretto profetico, composto di soli tre capitoli, egli ci offre una visuale centrata sull’evento della distruzione della capitale assira Ninive, caduta nel 612 a.C. sotto gli assalti del re dei Medi Ciassare e di Nabopolassar fondatore della dinastia neo-babilonese.
Il canto profetico di Naum è tutto dedicato alla caduta e rovina dell’Assiria, la grande avversaria d’Israele; in effetti si tratta di una lamentazione sarcastica, in cui fingendo un lutto e un dispiacere per quella fine, in realtà ironizza ed esprime soddisfazione per l’opera di giustizia compiuta dal Signore, contro un oppressore così duro e crudele con Israele.
Con questo canto, la caduta di Ninive assume il simbolo della grande vittoria che Dio riporta sul male, e unisce la speranza per un futuro diverso per gli oppressi.
Nel poema profetico Naum o Nahum, dipinge le vicende quasi in presa diretta, evocando anche un fatto precedentemente accaduto, cioè la distruzione di Tebe nel 663 a.C., capitale egiziana distrutta proprio dagli Assiri, condotti da Assurbanipal e che ora subiscono la stessa sorte.
Gli Assiri si erano dimostrati feroci e senza pietà, imprigionando i capi di Tebe e massacrando i loro bambini ed ora il profeta vede le stesse distruzioni e masse di cadaveri in Ninive, quella che fu “una città sanguinaria”.
In conclusione egli pronuncia la sua lezione profetica ammonendo: non si può pensare di costruire regni durevoli sulla forza, sulla prepotenza e sui misfatti, perché il Signore è lento all’ira, ma alla fine nulla lascia impunito.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Naum, pregate per noi.
*San Proietto - Diacono e Martire (1 Dicembre)
Due sono i Santi di nome Proietto che sono ricordati nella tradizione agiografica piemontese e la cui esistenza è diversamente suffragata da prove archeologiche e documentarie.
Il primo è ricordato in un’epigrafe, scoperta agli inizi dell’ottocento tra Cavour e Campiglione, databile tra il V ed il VI secolo: HIC REQUIESCIT SCS PROIECTUS PRS QUI RECES SIT XIII K NOVBRES.
Anche una piccola capsella plumbea, rivenuta nel 1905 durante degli scavi nell’area dell’antica abbazia di Santa Maria a Cavour, conteneva delle reliquie attribuite da una traghetta ad un santo di nome Proietto.
Sulla base di queste due testimonianze si può dunque dar credito alla tradizione che indicava Proietto come uno dei primi vescovi dell’antica Caburrum, vissuto tra il IV ed il V secolo. Una incerta credenza popolare lo considerava anche martire e lo inseriva anche nella numerosa lista dei martiri della famosa Legione Tebea: un processo assai frequente nell’ambito della produzione agiografica locale, che mirava a fornire maggiori coordinate spazio temporali, anche se in certi casi puramente fantastiche, a santi dei quali si era persa memoria dell’autentica identità storica. Il culto per questo santo era nel medioevo molto sentito ed aveva quale centro una cappella nei pressi di Cavour, ove numerosi fedeli ne veneravano la memoria al 25 gennaio.
Il motivo dello spostamento rispetto alla data del 19 ottobre, riportata sulla ricordata lapide, sembrerebbe essere derivato da una confusione con un santo omonimo, vescovo e martire di Clermont – Ferrand, venerato in diverse diocesi francesi in tale data. Inoltre un altro martire con questo nome, localizzato nella cittadina istriana di Parenzo, è ricordato nello stesso giorno Oggi non rimane traccia di devozione verso San Proietto di Cavour.
Un secondo santo con questo nome è invece tuttora celebrato nel calendario liturgico regionale: un diacono e martire venerato a Casale Monferrato. La locale tradizione ne fece uno dei compagni di martirio del vescovo di Asti Evasio, ucciso il 1 dicembre del 741 nei pressi di Sedula (nome attribuito al territorio di Casale) per ordine del principe ariano Attubolo.
É noto come questa tradizione venne più volte fatta oggetto di attente analisi critiche che non hanno fino ad ora consentito di accettarne o negarne la storicità. Sembrerebbe improbabile un caso di martirio in pieno VIII secolo, pertanto alcuni trasportarono i fatti agli inizi della cristianizzazione del Piemonte, tra IV e V secolo.
Un vescovo di Asti di nome Evasio è però solo testimoniato, in un documento di donazione fatta da Carlo Magno alla celebre abbazia di Novalesa, al tempo del re longobardo Liutprando (morto nel 744): la questione dell’identificazione dell’attuale patrono di Casale, e quindi dei suoi eventuali compagni, è tutt’altro che approdata ad una conclusione definitiva. Nella stupenda cattedrale romanica della cittadina piemontese, dedicata a San Lorenzo, sono comunque conservate le reliquie di Proietto, sotto la mensa dell’altare di fondo della navata destra. La festa annuale del santo è fissata al 1 dicembre.
Soltanto una più accurata e critica analisi delle fonti storiche (documentarie, archeologiche ed iconografiche) oggi reperibili, potrebbe contribuire a far luce sulla vicenda storica di questi santi e determinare se essi debbano essere identificati, come si potrebbe sospettare, in un solo personaggio che per ragioni sconosciute, venne doppiamente interpretato.
(Autore: Damiano Pomi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Proietto, pregate per noi.
*Beato Riccardo Langley - Martire (1 Dicembre)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati Martiri di Inghilterra, Galles e Scozia” Beatificati nel 1886-1895-1929-1987
+ York, Inghilterra, 1° dicembre 1586
Martirologio Romano: A York ancora in Inghilterra, Beato Riccardo Langley, martire, che, sotto la stessa regina Elisabetta, fu condannato a morte e impiccato per aver dato ospitalità ad alcuni sacerdoti.
Appartenente ad un'antica e facoltosa famiglia dello Yorkshire, il Langley nacque, come sembra, a Grimthorpe, ancora sotto il regno di Enrico VIII. Uomo di grande pietà e sommamente caritatevole, aveva messo tutti i suoi beni a disposizione dei preti missionari, che sovveniva continuamente nelle loro necessità, ed accoglieva spesso in casa sua, nascondendoli anche durante le persecuzioni.
Un'improvvisa irruzione armata, effettuata nella sua casa di Grimthorpe la sera del 28 ottobre 1586, in seguito alla delazione di un falso cattolico, fruttò ai persecutori la cattura di due sacerdoti: Giovanni Mushe e Roberto Johnson, al tempo stesso in cui anche il Langley veniva tratto in arresto nell'altra sua casa di Ousethorpe.
Condotto a York, fu rinchiuso nelle prigioni del castello, in attesa del processo, sotto l'accusa di aver nascosto ed assistito dei preti. In tribunale egli difese con fermezza il suo operato, esprimendo anzi il suo più vivo rammarico per non aver saputo fare di meglio per quei messaggeri di Dio e rendendo in pari tempo grazie al Signore per l'opportunità che gli offriva di morire per una cosi nobile e giusta causa.
Il processo si concluse con la sua condanna a morte, richiesta da una giuria addomesticata e senza che si fossero potute addurre prove a suo carico. Si dice che il tirannico lord presidente del Nord, conte di Huntingdon, nonostante avesse dato a Tommaso Langley, fratello del condannato, ampia assicurazione scritta di rinviare l'esecuzione della sentenza, avesse invece ordinato con inganno e nascostamente che il Langley venisse giustiziato senza indugio.
Per tutto il tempo della sua reclusione il martire conservò serenità e buon umore, mostrandosi inoltre cortese con chiunque, tanto da guadagnarsi l'amicizia dei carcerieri e giunto al momento supremo seppe affrontare la morte con fermezza e tranquillità d'animo.
Impiccato a York il 1° dicembre 1586, il Langley venne innalzato all'onore degli altari da Pio XI il 15 dicembre 1929. La festa del Beato martire è fissata al 1° dicembre.
(Autore: Niccolò Del Re – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Riccardo Langley, pregate per noi.
*San Rodolfo Sherwin - Sacerdote e Martire (1 Dicembre)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Santi Quaranta Martiri di Inghilterra e Galles”
Rodesley, Inghilterra, 1550 circa - Tyburn, Londra, 1 dicembre 1581
Ralph Sherwin, sacerdote del Vicariato Apostolico d’Inghilterra, è uno dei 40 martiri d’Inghilterra e Galles canonizzati da Papa Paolo VI il 25 ottobre 1970, in quanto morti per la loro fedeltà alla Chiesa di Roma ed al Papa.
Martirologio Romano: A Londra sempre in Inghilterra, Santi Edmondo Campion, Rodolfo Sherwin e Alessandro Briant, sacerdoti e martiri sotto la regina Elisabetta I, insigni per ingegno e fortezza nella fede.
Sant’Edmondo, che fin da giovane aveva fatto professione di fede cattolica, ammesso a Roma nella Compagnia di Gesù e ordinato sacerdote a Praga, tornò in patria, dove, per essersi adoperato nel confortare gli animi dei fedeli con la sua parola e i suoi scritti, fu ucciso, dopo molti tormenti, a Tyburn.
Insieme a lui subirono gli stessi supplizi i Santi Rodolfo e Alessandro, il secondo dei quali ottenne in carcere di essere ammesso nella Compagnia di Gesù.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Rodolfo Sherwin, pregate per noi.
*Altri Santi del giorno (1 Dicembre)
*San
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.